Gli oriundi hanno fatto costantemente parte della Nazionale italiana. Basti pensare a Jorginho che si è consacrato negli ultimi Europei oppure a Thiago Motta, l’ultimo numero 10 dell’Italia in un mondiale. In pochi però si ricordano di Raimundo Orsi, calciatore naturalizzato italiano nato nella provincia di Buenos Aires, ad Avellaneda. Era un altro calcio, ma la sua storia vale la pena di essere raccontata.
Orsi, detto “mumo”, fu una delle prime ali il cui stile si rivede anche nei giorni d’oggi, cioè che non si limita soltanto al cross ma anche alla finalizzazione. Era veloce, dotato di un tiro potente e capace di dribbling ubriacanti. È considerato da molti esperti l’ala sinistra più forte che si sia mai vista. Era un ragazzo semplice: adorava gli scherzi e le scommesse oltre alla vita notturna e gli piaceva suonare il violino. Si cominciò a parlare di lui soprattutto dopo le olimpiadi di Amsterdam del 1928 dove con la sua Argentina riuscì ad arrivare in finale, persa con l’Uruguay. “La stella di Amsterdam“, così cominciarono a chiamarlo e sono proprio le olimpiadi che l’hanno fatto entrare nella lista dei desideri dell’Europa. Tutti dicevano che quell’Orsi era un prodigio e la Juventus decise di accaparrarselo sotto consiglio dei calciatori Combi e Rossetta che ne rimasero impressionati.
L’esperienza di Raimundo Orsi alla Juventus
Vaciago chiuse l’affare con un’offerta monstre per quei tempi: centomila lire d’ingaggio, ottomila al mese e una Fiat 509 (basti pensare che in Italia lo stipendio dell’impiegato medio era di trecento lire). All’epoca non esisteva la televisione e i tifosi bianconeri non vedevano l’ora di vedere il proprio fenomeno dal vivo. Lo si immaginava un ragazzo grosso e possente ma al suo arrivo ci fu una certa perplessità. La famosa stella di Amsterdam, con i suoi 170cm di altezza per 66kg scarsi, si presentò piccolo e magro e i tifosi si sentirono presi in giro. I problemi però non finirono qui, infatti gli stranieri, anche se di origine italiana, non potevano essere ammessi al campionato quindi per cui si dovette trovare una soluzione. Raimundo Orsi dovette aspettare 1 anno per il nullaosta e nella stagione 1928-1929 poté svolgere solo gli allenamenti che la gente vedeva appositamente per lui.
L’anno dopo finalmente fu in grado di giocare regolarmente sia per la nazionale che per la Juventus. Con la maglia bianconera collezionò in tutto 4 campionati dando il via al periodo d’oro della squadra piemontese. Segnò 188 gol in totale nei modi più stravaganti possibili. Era anche il rigorista, cosa inusuale all’epoca visto che l’incarico veniva affidato quasi sempre ai terzini. Segnava spesso anche da calcio d’angolo. Molti sono i grandi del calcio che hanno elogiato Orsi tra cui il campione del mondo Bertolini: «Orsi è assolutamente imprendibile. Quando era in vena ed aveva voglia (non sempre) faceva cose strabilianti. Mai visto un giocatore come lui». Se ne andò dal bel paese nel 1935 per paura di essere chiamato alle armi a causa della guerra in Etiopia. Chiuse la sua carriera in Sudamerica dove conquistò il campionato carioca con il Flamengo e il campionato uruguaiano con il Peñarol.
La vittoria del mondiale con la Nazionale italiana
La carriera di Raimundo Orsi è stata prolifica anche sotto l’aspetto internazionale dove ha vinto con l’Argentina l’attuale Copa America ed un argento olimpico. La sua impresa più importante, però, è con la maglia azzurra grazie alla vittoria nel mondiale del 1934 da protagonista. Alla doppietta prodotta nel 7-1 contro gli Stati Uniti infatti si aggiunge il gol dell’ 1-1 in finale contro la Cecoslovacchia, partita successivamente finita 2-1 grazie ad una rete di Angelo Schiavio. Con l’Italia oltre al mondiale ha anche vinto due Coppe Internazionali. Un campione di altri tempi che ha chiuso la sua carriera in azzurro divenendo l’oriundo con più presenze, record poi rotto da Camoranesi soltanto nel successivo millennio.